Gli italiani incoronano la loro pizza: napoletana domina oppure cresce la voglia di novità regionali?

Un aroma familiare invade le strade ogni sera, dalle grandi città fino ai piccoli paesi: è quello della pizza appena sfornata, uno dei simboli più riconoscibili della tradizione culinaria italiana. In questi mesi, il dibattito tra pizza napoletana e romana si rinnova con passione, alimentato da nuovi dati che mostrano quanto questa specialità sia diventata un vero e proprio rito collettivo. Sul tavolo, una domanda che divide famiglie e amici: quale pizza preferiscono davvero gli italiani? Un’indagine condotta per Eataly racconta uno scenario in evoluzione che, tra numeri, gusti e tendenze, mette in luce non solo le preferenze ma anche le nuove esigenze di chi, ogni settimana, si siede davanti a una fetta di Margherita o di Diavola.

Abitudini e nuovi parametri di qualità

La frequenza con cui gli italiani mangiano pizza è impressionante: secondo la recente ricerca, circa il 60% consuma questa specialità almeno una volta alla settimana, mentre un buon 15% supera questa soglia. Un dato, questo, che fotografa la pizza come abitudine consolidata nella vita quotidiana italiana. Ma non si tratta soltanto di quantità. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione ai parametri di qualità che rendono una pizza “buona davvero”: la scelta del lievito, il tempo di lievitazione e – soprattutto – il tipo di ingredienti sono diventati fattori chiave per la maggior parte dei consumatori.

Ben l’83% degli intervistati esprime preferenza per pizze preparate solo con ingredienti DOP, IGP o comunque garantiti come Presidi Slow Food. È un fenomeno che molti osservano anche nei menu delle pizzerie: farciture sempre più ricercate, farine diversificate e attenzione alle provenienze. L’importanza della tracciabilità, infatti, è centrale secondo l’88% del campione, che chiede sia “importante” sia “molto importante” sapere da dove arriva ogni ingrediente.

Un dettaglio che molti continuano a preferire riguarda la farina 00: il 48% rimane legato a questa tradizione, anche se le varianti con farine integrali o multicereali mostrano un trend in crescita, specialmente in Lombardia, dove la sperimentazione gastronomica sembra prendere piede più che nel resto d’Italia. Un approccio che, secondo i tecnici del settore, indica una maggiore consapevolezza sull’impatto di ciò che si porta in tavola.

Napoli, Roma e “terze vie”: i gusti si diversificano

Il duello tra pizza napoletana e romana continua, ma i dati rivelano sfumature che spesso sfuggono al dibattito superficiale. La pizza napoletana, con il suo bordo alto e soffice, conquista il 35% delle preferenze. Non troppo distante, quella romana, nota per la sua croccantezza, si attesta al 26%. Un dettaglio che colpisce: una “terza via”, fatta di pizze gourmet o regionali, sale fino al 25%, segno che la ricerca di novità e personalizzazione prende sempre più spazio, anche in un ambito tradizionale.

Lo racconta anche la varietà dei gusti ordinati. La Margherita resta il simbolo più amato, con il 35% delle scelte, ma la Diavola e la Capricciosa stanno guadagnando terreno. In particolare, la Capricciosa raggiunge il 19% di preferenze a livello nazionale ma spicca in Sicilia, dove conquista il 38% dei voti locali. Un aspetto che spesso sfugge: le specificità regionali continuano a influenzare i consumi, sia nelle ricette che nei rituali di consumo.

Un elemento che mette d’accordo tanti riguarda il prezzo. Ben il 48% ritiene corretto spendere tra 6 e 7 euro per una Margherita di qualità, mentre quasi uno su cinque è disposto ad arrivare a 8–9 euro. Solo una piccola quota, circa il 5%, accetta di superare la soglia dei 10 euro, anche per versioni gourmet. Una tendenza che molti ristoratori considerano quando aggiornano i listini: il rapporto tra qualità e prezzo resta cruciale, anche in tempi di continue novità gastronomiche e sperimentazioni.

Così, la pizza – che sia napoletana, romana o reinventata secondo gusti locali – continua ad accompagnare la vita quotidiana in Italia. Un fenomeno che evolve, ma che ogni sera riporta al centro il valore condiviso del “mangiare insieme”, un dettaglio che, in fondo, resta sempre il vero protagonista tra forni e tavole apparecchiate.